Mi sono sempre sentito in dovere di sapere tutto. Alla domanda "cosa vuoi fare da grande?" non ho mai risposto, e ora che ho 20 anni mi rendo conto di quanto sia una cazzata quella domanda. Come cazzo può davvero un ragazzino sapere cosa vorrà fare da grande? Mi sembra una forzatura assurda. Ancora oggi non so veramente in cosa consista questa vita, e credo che nessuno lo sappia per davvero. Non esiste una certezza, a parte la morte. Un bambino non ha ancora conosciuto né la vera bellezza né le vere disgrazie della vita. Come potevo immaginare che a 20 anni (e non mi sento affatto "grande") sarei qui seduto a scrivere questo libro, ripensando a tutto quello che mi è capitato: le persone, le sfide, le situazioni. Continuo a non capire molti degli obblighi che la società ti impone, ma una cosa l'ho capita: troppe persone ancora credono davvero che troveranno "il lavoro della vita" e che faranno solo quello fino alla pensione. E altri ancora pensano che, una volta raggiunta questa fottuta pensione, saranno finalmente liberi di fare ciò che vogliono.
Non voglio giudicare gli obiettivi degli altri; alla fine ognuno fa un po' come gli pare. Però voglio farti riflettere su una cosa. Quante volte ti è capitato di fissarti su qualcosa per un paio di mesi – una serie TV, un videogioco, un libro – per poi stufarti e mollare tutto? Perché non potrebbe essere così anche per il lavoro? Alziamo la scala di tempo: qual è il problema di stancarsi di un lavoro dopo 3 o 5 anni e cambiare completamente direzione? Perché siamo costretti a restare incastrati in un lavoro per tutta la vita, se non riusciamo a mantenere un hobby o un passatempo per più di qualche mese? Ci sono persone che fin da piccoli sanno cosa vogliono fare e lo seguono per tutta la vita, e ok, va bene. Ma se ancora non sai davvero se quello che stai facendo è ciò che ti appartiene, perché continuare?
Io credo che dentro ognuno di noi ci sia qualcosa di cui ci interessiamo davvero e che potremmo fare per tutta la vita, ma penso anche che siano pochi a capirlo e a riuscire a fare davvero ciò che vorrebbero. Se parli con il 90% delle persone che lavorano, ti diranno che avevano un sogno o delle aspirazioni che, per qualche motivo, non hanno potuto realizzare, e che non sono per niente contenti del loro lavoro.
Nei miei vent'anni ho fatto tante cose, tante cazzate e tante cose belle. Ho conosciuto un sacco di persone e ho visto molti posti. Se potessi dire qualcosa al me stesso bambino, gli direi solo questo: impegnati sempre al massimo nelle cose che ti rendono fiero e felice. Se qualcosa non ti rende fiero e la fai solo per obbligo, magari ti servirà per il futuro, e ti assicuro che ogni esperienza serve, sia bella che brutta. Ma ricordati sempre che la vita è tua. Prima di rendere fieri gli altri, devi rendere fiero te stesso. Solo dopo pensa a famiglia e amici.
Ho capito che ci sarà sempre qualcuno che non sarà mai pienamente fiero di te, qualcuno che avrebbe voluto vederti fare qualcosa di diverso. Ma se non è quello che vuoi tu, fregatene e vai avanti per la tua strada. E se fai qualche “cazzata”, sarà la vita stessa a insegnarti la lezione. Di questo parlerò nel capitolo "Tutti devono sbattere la testa per imparare qualcosa".
Ci sarà sicuramente qualcuno vicino a me che leggerà queste righe e penserà: "Ma che cazzo sta dicendo Isaac?". E io risponderei che, se ora sto scrivendo delle cazzate di cui non mi rendo conto, farò le dovute correzioni nel mio libro "Cose che ho imparato nei miei 30 anni". Ma per ora, vivendo nel presente, sono fiero di pensare come penso adesso.
Sicuramente sono ancora solo un ragazzino che non ha fatto un cazzo, e anch'io ho le mie paure e le mie limitazioni mentali, come tutti. D'altronde, sono un essere umano anch'io. Ma vorrei farvi riflettere su una cosa: sapete bene che l'unica cosa che potete davvero controllare è la vostra mente, giusto? E neanche quella, in caso di demenza. Sapete anche che, nella stessa situazione, una persona può sentirsi felice mentre un'altra si sente nella merda? Persino il dolore è controllabile. Faccio spesso un esperimento: mi concentro mentalmente e provo a entrare nella doccia fredda senza reagire. Ok, molte volte ci metto qualche minuto a farlo, ma se mi convinco mentalmente che non c'è nessun problema, riesco a entrare in un secondo. Quando la mia ex ragazza mi mordeva (e ancora non ho capito il perché), se mi concentravo riuscivo a non reagire. Oppure, se una zanzara mi punge, molte volte, concentrandomi, riesco a non sentire prurito, come se la puntura non esistesse. Tutti questi esempi del cazzo li ho fatti perché penso che anche le paure siano controllabili mentalmente. Forse non le paure in sé, ma sicuramente come reagiamo a esse. Quindi è normale avere paura del futuro, di cambiare lavoro, o di trovarsi con un nuovo gruppo di amici. La sfida sta nel controllare queste paure e non farsi controllare da esse. E tutto questo lo dico da ragazzino che non ha ancora superato tutte le proprie paure; non ho ancora scoperto il segreto, ma già rendersi conto che è possibile farlo è un buon inizio.
Devo ancora capire come funziona la mente della maggior parte delle persone che hanno paura di cambiare lavoro o facoltà. Se fosse il mio caso, farei una lista dei pro e contro del cambiamento, valutando anche le conseguenze. E onestamente, credo che le conseguenze siano davvero gravi solo se qualcuno ci rimette la pelle o si fa male.
C'era un concetto bellissimo che ho letto nel libro *La sottile arte di fare quello che c***o ti pare* di Mark Manson. Parlava di come le nostre preoccupazioni siano proporzionate alla nostra vita. Le preoccupazioni di un ragazzino delle medie che deve fare i compiti non sono certo le stesse di uno studente di medicina che deve affrontare 10 esami in un mese, o di un padre di famiglia che deve sfamare 4 figli. Per questo magari non capisco chi si preoccupa di cambiare lavoro o carriera. Ma, allo stesso tempo, non posso e non devo preoccuparmi di cose che non mi appartengono. Ed è proprio questo il consiglio che darei a tutti: cercate sempre di eliminare dalla vostra vita le preoccupazioni che non sono alla vostra portata. È come quelle persone che si preoccupano della fame nel mondo ma non si pongono il problema di capire se il mendicante sotto casa loro abbia qualcosa da mangiare.
Quindi, riguardo al cambiare lavoro o studi, penso che anche se non si possa fare un cambiamento radicale da un giorno all'altro, è importante impegnarsi ogni giorno a fare qualcosa che ci avvicini a quello che desideriamo. A meno che non si lavori per 16 ore al giorno, c'è sempre un po' di tempo da dedicare per cercare di fare ciò che si vuole. Magari i risultati non saranno immediati, nei primi mesi, ma secondo me il trucco è avvicinarsi gradualmente a quell'obiettivo.